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Tiroide, ormoni tiroidei

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La tiroide

La ghiandola tiroide è uno dei maggiori organi endocrini. è formata da due lobi, uniti da un istmo rappresentato da una sottile banda di tessuto.

I due lobi tiroidei sono spessi intorno a 2 cm e lunghi 4 cm. A volte è possibile osservare un lobo piramidale accessorio. La ghiandola è molto irrorata, che risulta anche più elevato del flusso renale.

Dal punto di vista istologico la tiroide è formata da follicoli, all'interno dei quali si trova un liquido ricco di proteine, che prende il nome di colloide. Intorno ai follicoli si trova un fitto plesso capillare.

Nelle cellule tiroidee sono molto rappresentati l'apparato di Golgi e il reticolo endoplasmatico, mentre i mitocondri e i lisosomi sono dispersi nel citoplasma. La tiroide contiene al proprio interno anche le cellule C o parafollicolari, che producono la calcitonina, ormone che ha la funzione di abbassare il calcio plasmatico. Le cellule parafollicolari si differenziano dalle cellule tiroidee, perchè non sono mai presenti sui bordi dei follicoli e sono ricche di mitocondri.

Biosintesi degli ormoni tiroidei

La sintesi degli ormoni tiroidei è possibile in presenza di una sufficiente quantità di iodio. Nell'organismo umano lo iodio viene introdotto con gli alimenti. La formazione di ormoni tiroidei richiede una disponibilità di iodio di almeno 150 microgrammi al giorno.

L'assunzione giornaliera varia nelle diverse regioni italiane: nelle aree interne, l'assunzione di iodio risulta a volte molto carente, al di sotto di 50 microgrammi al giorno. Tale evenienza è alla base del rischio dell'insorgenza di ipotiroidismo endogeno su base carenziale e del gozzo endemico.

Ioduro

La tiroide assorbe mediamente circa 60-80 microgrammi al giorno di ioduro che, d'altra parte, è completamente filtrato a livello renale e riassorbito a livello dei tubuli renali per il 60-70%. Nelle popolazioni che hanno sufficiente iodio nella dieta, lo ioduro urinario è 300-350 microgrammi al giorno (10-20 microgrammi di ioduro si perdono anche a livello fecale).  Almeno 100 microgrammi di iodio al giorno sono però necessari per evitare i segni della carenza di iodio.

Trasporto dello ioduro

La concentrazione di ioduro nel plasma è molto bassa, pertanto è necessario concentrare questo elemento nelle cellule tiroidee. La tiroide umana possiede una proteina di membrana, che è un trasportatore accoppiato di sodio-ioduro (NIS o SLC5a), formata da 643 aminoacidi con tredici domini transmembrana. Il trasportatore permette il passaggio di uno ione ioduro contro due ioni sodio. Questo trasportatore è stato anche identificato nelle ghiandole salivari, nella ghiandola mammaria, nei plessi coroidei e nella mucosa gastrica. Il trasportatore dello ioduro ha, anche, affinità per il tecnezio (44Tc), per il perclorato (ClO4-) e per il tiocianato (SCN-). Queste sostanze possono interferire con il trasporto dello ioduro.

Una seconda proteina cellulare tiroidea, la pendrina, partecipa al trasporto dello ioduro a livello della membrana luminale. è una glicoproteina con dodici domini transmembrana della famiglia delle proteine trasportatrici del solfato. La pendrina è espressa sul bordo apicale delle cellule tiroidee, nell'orecchio interno e nel rene. Essa permette il trasporto dello ioduro attraverso la membrana apicale dei tireociti dove viene ossidato e accoppiato alle tirosine presenti nelle molecole della tireoglobulina. Un altro trasportatore, definito trasportatore apicale dello ioduro e isolato di recente, partecipa al trasferimento dello ioduro dal citoplasma alla colloide. Questa proteina trasportatrice appartiene alla famiglia dei trasportatori degli acidi grassi a catena corta; pertanto, è da definire il suo ruolo nel trasporto dello ioduro.

Ossidazione e organificazione

Lo ioduro che entra nella cellula tiroidea viene ossidato a iodio e, poi, incorporato nella tirosina, con formazione di due iodotirosine, MIT e DIT, attraverso un processo definito di organificazione (Fig.1). L'ossidazione dello ioduro è dovuta a una perossidasi tiroidea (TPO). TPO ha un peso di 103 kDa con il 10% di carboidrati. La proteina è situata sulla membrana apicale delle cellule follicolari e sporge nel lume follicolare con i residui 1-844. La TPO è una proteina contenente un gruppo eme; pertanto, l'organificazione dello iodio richiede la presenza dell'ossigeno molecolare. L'acqua ossigenata viene utilizzata come molecola che fornisce l'ossigeno per l'ossidazione dello ioduro attraverso vari meccanismi. La formazione di acqua ossigenata e, comunque, fondamentale per l'ossidazione dello ioduro che avviene a livello dell'interfaccia tra la membrana apicale e la colloide. Sono implicati due enzimi calcio-dipendenti, DUOX1 e DUOX2, che sono delle ossidasi NADPH-dipendenti. L'eccesso di ioduro può inibire la glicosilazione di DUOX2, con riduzione della formazione degli ormoni tiroidei.

Iodotirosine e tironine

La iodazione delle tirosine avviene nella tireoglobulina. Una volta formate, le iodotirosine si accoppiano per dare luogo a T4 e T3. La sintesi degli ormoni tiroidei richiede la presenza della tireoglobulina, che è formata da due subunità eguali (omodimero), con un peso molecolare di 660 kDa. Ogni molecola di tireoglobulina contiene 134 residui di tirosina e il 10% di carboidrati in peso Deil34 residui di tirosina, solo 25-30 sono iodati; di questi solo 8-10 si accoppiano per dare 4 o 5 ti-ronine per molecola. La sintesi del T4 deriva dall'accoppiamento di due DIT, mentre quella della T3 deriva dall'accoppiamento di una MIT e una DIT. L'accoppiamento di MIT e DIT avviene in punti specifici della tireoglobulina: sono i residui 5, 1290 e 2553 a dare T4, mentre il residuo 2746 dà luogo a T3. L'accoppiamento delle tirosine iodate è catalizzato dalla TPO.

Secrezione degli ormoni tiroidei

In prevalenza il principale prodotto dell'accoppiamento delle tirosine iodate è dato dalla T4 (89%), mentre la T3 ne rappresenta il 10%. Una piccola quota 1% è rappresentata dalla rT3. Una volta che l'ormone tiroideo e stato sintetizzato nella tireoglobulina, il processo di liberazione può avvenire attraverso due meccanismi: macropinocitosi, cioè mediante pseudopodi che si formano, a livello della membrana apicale e micropinocitosi, cioè attraverso piccole vescicole ricoperte di clatrina, che si formano a livello della membrana apicale e permettono la captazione della tireoglobulina all'interno dei tireociti, con formazione di endosomi, che si fondono alla fine con i lisosomi. La micropinocitosi predomina nell'uomo. Entrambi i processi sono stimolati dal TSH. All'endocitosi segue l'attivazione dei lisosomi, che determinano la proteolisi della tireoglobulina presente nelle vescicole. I lisosomi contengono enzimi proteolitici come la pepsina, le catepsine D, L e B e molteplici esopeptidasi, come le dipeptidil-peptidasi I e II, che liberano gli ormoni tiroidei, le tirosine iodate e gli aminoacidi delle tireoglobuline presenti nelle vescicole.

Le tirosine iodate sono rapidamente deiodate da una iodotirosina deiodasi NADPH-di-pendente. Due geni, DHAL1 e DHAL1b, codificano per due isoenzimi, che sono iodotirosine dealogenasi. Lo ioduro liberato viene riciclato nel pool intracellulare dello iodio, cosi' come gli aminoacidi. Gli ormoni tiroidei T4 e T3 vengono, invece, liberati nel sangue capillare, che irrora la tiroide, nel rapporto di 10:1. I tireociti esprimono un trasportatore di membrana, che appartiene alla famiglia dei trasportatori di monocarbossilato (monocarboxylic, MCT) e viene definito MCT8. Sembra, pertanto, che la setrasportatore MCT8. Nei taniciti e negli astrociti, la T4 è convertita a T3 dalla deiodasi di tipo 2 (D2) e fuoriesce da queste cellule attraverso il trasportatore MCT8, che ne permette tra l'altro l'ingresso nei neuroni, ove può esercitare la sua azione. A livello tissutale gli ormoni tiroidei vengono deiodati da un enzima, la 5'deiodasi, che catalizza il distacco dello iodio dall'anello esterno della molecola ormonale. Esistono tre tipi di deiodasi: D1, D2, e D3. La deiodasi di tipo 2 (D2) converte la T4 in T3 è presente nel muscolo scheletrico, nel cuore nella tiroide e nell'ipofisi. La D1 converte la rT3 in T2 è presente in tiroide, fegato e rene. La D3 trasforma la T4 e la T3 in rT3 ed T2 catalizzando la deiodazione dell'anello interno della T4 e della T3 con l'inattivazione di entrambe le molecole; è presente nel muscolo scheletrico, nel cervello, nella pelle e nella placenta. Tutte e tre le forme di deiodasi contengono la selenocisteina nella regione catalitica e sono, pertanto, definite selenodeiodasi. Alla famiglia delle selenocisteine appartiene anche la glutatione perossidasi, che permette reazioni ossidoriduttive. Il selenio funge da accettore di iodio nelle reazioni di deiodazione.

L'ormone metabolicamente attivo è la T3 mentre la T4 può essere considerato un proormone, in quanto la T3 tissutale deriva prevalentemente dalla deiodinazione della T4. Infatti la grande maggioranza del secreto della tiroide è rappresentata dalla T4 (60-80 microgrammi al giorno) che viene a propria volta trasformata per circa la metà in T3 ormone metabolicamente attivo, e rT3 metabolita inattivo dell'ormone tiroideo.  Nell'uomo adulto la T4 ha un volume di distribuzione di circa 10: 1, mentre quello della T3 è di circa 40 :1; la produzione giornaliera di T3 è intorno a 30 microgrammi.

Effetti biologici

L'ormone tiroideo è un attivatore molto efficace del metabolismo cellulare. La sua secrezione determina, infatti: incremendo dell'attività metabolica delle cellule, aumento dell'attività termogenetica, maturazione dei tessuti, aumento dell'attività cardiaca (forza di contrazione e frequenza cardiaca), facilitazione dell'ossificazione delle cartilagini di accrescimento in sinergia con l'ormone della crescita e aumento dell'attività del neuroni del sistema nervoso centrale e di quello autonomo. 1

Attivazione del metabolismo cellulare

In concentrazione fisiologica, la T3 aumenta la velocità di sintesi e degradazione di tutti i comparti metabolici dell'organismo. Pertanto, l'effetto primario dell'ormone tiroideo è quello di aumentare le velocità del ricambio o turnover metabolico cellulare. In questa maniera il metabolismo proteico, quello lipidico e quello glicidi'co sono interessati da un incremento delle velocità di sintesi e degradazione. L'aumentato turnover cellulare, che non altera l'equilibrio metabolico complessivo, richiede uh maggior dispendio energetico, che comporta un aumentata produzione e utilizzazione di adenosin trifosfato (ATP). Questo determina a livello cellu-lare un incremento delle reazioni ossidative lungo la catena respiratoria mitocondriale, che comporta una maggiore utilizzazione di ossigeno e un'au-mentata produzione di ATP.

Poichè il primo è l'effetto più appariscente e dato che, in condizioni basali, l'incremento del consumo di ossigeno corri-sponde a un aumento del metabolismo basale, in maniera molto sintetica, si può dire che tra gli effetti primari degli ormoni tiroidei vi è un incremento del metabolismo basale. Nel cervello, nelle gonadi e nella milza non si ha aumento del consumo di ossigeno.

Aumento della termogenesi

Un altro degli effetti rilevanti degli ormoni tiroidei è rappresentato dall'aumento della termogenesi (incremento della produzione di calore da parte dell'onanismo). Molteplici studi hanno dimostrato che gli ormoni tiroidei sono capaci di stimolare la produzione e l'attività di proteine disaccoppianti, come la UCP3-nel muscolo e nel tessuto adiposo.

Maturazione dei tessuti

Gli ormoni tiroidei hanno un effetto notevole sulla maturazione dei tessuti. Studi sperimentali hanno dimostrato che essi aumentano la velocità della metamorfosi del girino nella rana matura. Questa capacità si esplica, soprattutto, sulla matu-razione del sistema nervoso centrale. è stato infatti osservato che una Carenza) congenita della produzione dell'ormone tiroideo si accompagna nell'uomo a un deficit della maturazione del sistema nervoso centrale, che può dar luogo al cretinismo.
 

Effetti sul miocardio

A livello cardiaco gli ormoni tiroidei aumentano l'espressione dei recettori β adrenergici, che facilitano un incremento della frequenza e della forza di contrazione cardiaca. D'altra parte, gli ormoni tiroidei aumentano l'espressione dell'isoforma a della miosina. Pertanto, la torza di contrazione delle fibrocellule cardiache cresce, in quanto l'isoforma alfa ha effetti ATPasici maggiori dell'isoforma beta. Il muscolo cardiaco ha, dunque, maggiore capacità di utilizzare l'energia per con un incremento della forza contrattile. Un altro effetto im-portante è rappresentato da un aumento dell'espressione della ATPasi calciodipendente presente nel reticolo sarcoplasmatico (SERCA), della pompa sodio-potassio (ATP asi Na+/K+dipendente) e di alcuni, canali per il potassio, sono invece inibiti nella loro attività per il fosfolambano e per lo scambiatore sodio/calcio. Il risultato tinaie è un aumento della forza di contrazione miocardica.

Altri effetti

Gli ormoni tiroidei aumentano anche la capacità di contrazione del muscolo scheletrico e la sincronia dell'attività delle unità motorie. Facilitano l'ossificazione delle cartilagini d'accrescimento e la comparsa dei nuclei d'ossificazione, cooperando con l'ormone della crescita allo sviluppo lineare dello scheletro; aumentano l'attività del sistema nervoso centrale e di quello autonomo, accrescendo i livelli di attenzione e facilitando la scarica simpatica. A livello del sistema nervoso centrale l'aumento d'attività dei neuroni noradrenergici determina la stimolazione del sistema reticolare attivante. A livello epatico è degno di nota l'effetto che gli ormoni tiroidei svolgono sulla trasformazione del carotene in vitamina A; infatti, in condizioni di poche con il recettore per i retinoidi. Una volta legato l'ormone, il recettore inizia una serie di reazioni intranucleari, che possono portare a derepressione o repressione di alcuni geni bersaglio, con la formazione o l'inibizione della sintesi di specifiche proteine, che caratterizzano gli effetti ormonali. Vi sono due tipi di recettori e diverse isoforme: il recettore alfa presenta l'isoforma attiva alfa 1 e le isoforme inattive alfa 2 ed alfa 3, mentre quello beta presenta tre isoforme, beta 1 -2 e 3 Inoltre, sono state identificate altre tre isotorme dei recettori: TRΔα 1 TRΔα 2 e TRΔβ3. Queste isoforme contengono solo una parte della sequenza dei recettori alfa e beta.
I recettori sono specifici per le cellule di ciascun tessuto. Studi recenti indicano che i recettori β sono correlati ai meccanismi di regolazione a feedback della secrezione ormonale e allo sviluppo della coclea, mentre i recettori a sembrano correlati alla regolazione dell'attività cardiaca e metabolica da parte dell'ormone tiroideo.

Regolazione della secrezione

La ghiandola tiroide partecipa con l'ipotalamo e con l'ipofisi a costituire un asse caratterizzato da un classico meccanismo di controllo a feedback. L'ipofisi regola la produzione di ormoni tiroidei attraverso TSH. Le cellule che producono TSH costituiscono il 5% delle cellule ipofisarie e sono localizzate nella parte anteromediale della ghiandola. Il TSH ha un peso molecolare di 28-30 kDa ed è formato da due subunità: una catena a (92 aminoacidi), comune alle altre glicoproteine ipofisarie come LH e FSH e alla gonadotropina corionica (human chorionic gonadotropa, hCG), e una sutbunità beta (112 aminoacidi), che conferisce la specificità degli effetti.

La subunità beta e la subunità alfa sono inibite nella trascrizione del loro gene, presente sul cromosoma 1 e 6, rispettivamente, dall'ormone tiroideo, mentre la loro trascrizione viene attivata da TRH. L'ormone TSH maturo deriva dalla glicosilazione delle molecole proteiche all'interno del reticolo endoplasmatico e dell'apparato di Golgi. Il TSH, viene prodotto in concentrazioni tra 100 e 400 microgrammi/die e ha un'emivita biologica di 50 minuti. La secrezione del TSH presenta picchi ogni due-tre ore, un picco secretorio massimo circadiano tra le 23 e le 5 del mattino e uno minimo tra le 16 e le 19. Il TSH prodotto dall'ipofisi raggiunge la ghiandola tiroide, dove fa sintetizzare e liberare gli ormoni tiroidei.

Il TSH si lega, infatti, al proprio recettore, che appartiene alla famiglia dei recettori accoppiati alle proteine G. Il recettore presenta un dominio extracellulare, la serpentina tipica dei recettori accoppiati a proteine G, e un dominio intracellulare. Dopo il legame del recettore con il TSH, inizia una sequenza di reazioni intracellulari, che porta alla sintesi di ormoni tiroidei e alla loro liberazione in circolo. Si attiva infatti la cascata dell'inositolo trisfosfato (IP3), con un aumento intracellulare anche di calcio oltre alla formazione di adeno-sinmonofosfato ciclico (cAMP).

La secrezione di TSH è stimolata da TRH. TRH è un tripeptide (piroglutamil-istidil-prolina-amide), che deriva dà una molecola più lunga (pre-proormone) e che si ritrova ampiamentedistribuito nel cervello e a livello gastrointestinale. TRH determina la liberazione di TSH a livello ipofisario. L'effetto stimolatorio inizia con il legame al suo recettore, che appartiene alla famiglia dei recettori accoppiati a proteine G e determina la formazione intracellulare di IP3 e l'aumento intracellulare di calcio, che appunto facilita la secrezione di TSH. Il TRH stimola anche la liberazione di PRL codificando per lo specifico mRNA. La secrezione di TSH è inibita dall'ormone ipotalamico somatostatina che impedisce a livello ipofisario i i picchi di secrezione del TSH. Anche la dopamina inibisce l'espressione del gene della subunità sopprime la secrezione di TSH del 70%. Il TSH prodotto dall'ipofisi raggiunge la tiroide, dove fa liberare T4 e T3.

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