■ I leucociti possono eliminare i microrganismi e le cellule morte mediante la
fagocitosi, seguita dalla loro degradazione nei fagolisosomi.
■ La degradazione è effettuata dai radicali liberi (ROS, NO), generati nei
leucociti attivati e dagli enzimi lisosomiali.
■ I neutrofili possono estrudere il loro contenuto nucleare per formare reti
extracellulari che intrappolano e facilitano l'uccisione di microrganismi.
■ Gli enzimi e le ROS possono essere rilasciati nell'ambiente extracellulare.
■ I meccanismi che funzionano per eliminare i microrganismi e le cellule morte
(il ruolo fisiologico dell'infiammazione) sono anche in grado di danneggiare i
tessuti normali (le conseguenze patologiche dell'infiammazione).
■ I mediatori antinfiammatori estinguono la reazione infiammatoria acuta quando
essa non è più necessaria.
Le cellule deputate alla fagocitosi sono i macrofagi. I macrofagi svolgono però
diverse funzioni; hanno un ruolo fondamentale nei processi di difesa tramite la
fagocitosi e linduzione della risposta immunitaria. Intervengono anche nel
metabolismo del ferro in quanto i globuli rossi invecchiati sono fagocitati dai
macrofagi del sistema reticolo-istiocitario della milza, del fegato e del
midollo osseo e il ferro contenuto nellemoglobina si deposita nel citoplasma
per essere riutilizzato dagli eritroblasti per la produzione di nuova
emoglobina. Svolgono un ruolo nella guarigione delle ferite e nelle malattie
caratterizzate da fibrosi producendo, in risposta a stimoli infiammatori,
sostanze di secrezione rappresentate da:
Fattori che attivano la proliferazione e la funzione fibrillogenetica dei
fibroblasti.
Prostaglandine che influenzano la contrattilità muscolare liscia, la
permeabilità vascolare, lattività di alcune ghiandole endocrine, la lipolisi,
laggregazione delle piastrine.
Enzimi idrolitici attivi a pH acido e neutro che intervengono
nellinfiammazione cronica degradando i costituenti dei tessuti connettivi ed
attivando varie sostanze ad attività infiammatoria. Gli enzimi idrolitici acidi
prodotti, di origine lisosomiale, sono: catepsine, glicosidasi, fosfatasi acida,
aril-solfatasi, ecc.; gli enzimi idrolitici neutri sono: collage nasi, elastasi,
attivatore del plasminogeno, lisozima.
Componenti del complemento.
Fattori stimolanti lemopoiesi.
La fagocitosi prevede tre passaggi sequenziali: (1) il riconoscimento e l'attacco della particella che deve essere ingerita dal leucocita; (2) l'ingestione, con conseguente formazione di un vacuolo fagocitico; e (3) l'uccisione e la degradazione del materiale ingerito. Recettori fagocitici. I recettori del mannosio, i recettori spazzino e i recettori per le varie opsonine legano e ingeriscono i microrganismi. Il recettore del mannosio dei macrofagi è una lectina che lega i residui di fucosio e mannosio terminali delle glicoproteine e dei glicolipidi. Questi zuccheri fanno tipicamente parte delle molecole presenti sulla parete cellulare microbica, mentre le glicoproteine e i glicolipidi dei mammiferi contengono acido sialico o N-acetilgalattosamina terminali. Pertanto, il recettore del mannosio riconosce i microrganismi e non le cellule dell'ospite. I recettori spazzino sono stati originariamente definiti come molecole che si legano e mediano l'endocitosi di lipoproteine a bassa densità (LDL) ossidate o acetilate che non possono più interagire con il recettore LDL convenzionale. I recettori spazzino dei macrofagi legano una varietà di microrganismi, oltre alle particelle LDL modificate. Anche le integrine dei macrofagi, in particolare Mac-1 (CDllb/ CD18), possono legare i microrganismi per la fagocitosi. L'efficienza della fagocitosi viene notevolmente migliorata quando i microrganismi sono opsonizzati da proteine specifiche (le opsonine) per le quali i fagociti esprimono recettori ad alta affinità. Le principali opsonine sono gli anticorpi IgG, il C3b, il prodotto di degradazione della proteina C3 del complemento, e alcune lectine plasmatiche, in particolare la lectina che lega il mannosio, che sono tutte riconosciute dai loro recettori specifici sui leucociti.
Dopo che una particella si è legata ai recettori fagocitici, le
estensioni del citoplasma (pseudopodi) la circondano e la membrana plasmatica si
deforma per formare una vescicola (fagosoma) che racchiude la particella. Il fagosoma poi si fonde con un granulo lisosomiale, determinando così un
riversamento del contenuto del granulo nel fagolisosoma.
Durante questo processo il fagocita può anche rilasciare i contenuti del
granulo nello spazio extracellulare.
Il processo di fagocitosi è complesso e comporta l'integrazione di molti segnali
indotti da recettore che portano al rimo-dellamento della membrana e a modifiche
del citoscheletro.
La fagocitosi dipende dalla polimerizzazione dei filamenti di actina; non è sorprendente, quindi, che molti dei segnali che attivano la fagocitosi siano anche coinvolti nella chemiotassi. Degradazione intracellulare dei microrganismi e dei detriti cellulari L'uccisione dei microrganismi è compiuta dalle specie reattive dell'ossigeno (ROS, chiamate anche intermedi reattivi dell'ossigeno) e dalle specie reattive dell'azoto, derivate principalmente dall'ossido nitrico (NO); esse, insieme agli enzimi lisosomiali, distruggono i detriti fagocitati. Questo è il passaggio finale nell'eliminazione degli agenti infettivi e delle cellule necrotiche. L'uccisione e la degradazione dei microrganismi e dei residui di cellule morte all'interno dei neutrofili e dei macrofagi avvengono con maggiore efficienza dopo l'attivazione dei fagociti. Tutti questi meccanismi di uccisione si attuano normalmente all'interno dei lisosomi, dove si riversano i materiali fagocitati. Pertanto, le sostanze potenzialmente nocive sono separate dal citoplasma e dal nucleo della cellula, per evitare il danneggiamento del fagocita stesso mentre questo sta eseguendo la sua normale funzione. Specie reattive dell'ossigeno. Le ROS sono prodotte dal rapido assemblaggio e dall'attivazione di un'ossidasi composta da numerose subunità, la NADPH ossidasi (anche chiamata ossidasi fagocitica), che ossida il NADPH (nicotinammide adenina dinucleotide fosfato ridotto) e, nel processo, riduce l'ossigeno ad anione superossido (02). Nei neutrofili questa reazione os-sidativa, che è innescata da segnali attivatori e accompagna la fagocitosi, è chiamata esplosione respiratoria. L'ossidasi fagocitica è un complesso enzimatico costituito da almeno sette proteine. Nei neutrofili inattivi, i diversi componenti dell'enzima si trovano alcuni sulla membrana plasmatica e altri nel citoplasma. In risposta agli stimoli attivatori le componenti proteiche citosoliche traslocano verso la membrana fagosomiale, dove assemblano e formano il complesso enzimatico funzionale. Co le ROS vengono prodotte all'interno del lisosoma e del fagolisosorr, dove possono agire sulle particelle ingerite senza danneggiare cellula ospite. 02 viene poi convertito in perossido di idrogei (H202), soprattutto per dismutazione spontanea.
H202 non è in grado, di per sé, di uccidere in modo efficien i microrganismi. Tuttavia, i granuli azzurrofili dei neutrofili coi tengono l'enzima mieloperossidasi (MPO), che, in presenza di 11 alogenuro come CI", converte H202 in ipoclorito (OCI2, l'ingr' diente attivo della candeggina). Quest'ultimo è un potente agei te antimicrobico che distrugge i microrganismi per alogenazioi (reazione nella quale l'alogenuro viene legato covalentemen ai componenti cellulari) o per ossidazione di proteine e lipic (perossidazione lipidica). Il sistema H202-MPO-alogenuro è sistema battericida più efficiente dei neutrofili. Tuttavia, un def cit ereditario di MPO porta di per sé a un aumento minimo dell suscettibilità alle infezioni, evidenziando così la ridondanza di meccanismi microbicidi nei leucociti. H202 è convertito anch in radicale ossidrile ("OH), un altro potente agente distruttive Come discusso nel Capitolo 2, le ROS si legano e modificano lipidi, le proteine e gli acidi nucleici cellulari, uccidendo così microrganismi. Le ROS possono essere rilasciate nello spazio extracellular dai leucociti dopo l'esposizione a microrganismi, a chemochine ai complessi antigene-anticorpo, oppure in seguito all'azione fagocitaria. Le ROS sono implicate nel danno tissutale che ac compagna l'infiammazione. Il siero, i liquidi tissutali e le cellule ospiti possiedono meccanismi antiossidanti che proteggono contro le ROS potenziai mente nocive. Essi comprendono (1) l'enzima superossido dismutasi, che si trova o può essere attivato in una varietà di tipi cellulari (2) l'enzima catalasi, che degrada H2O2; (3) la glutationeperossidasi altro potente enzima in grado di degradare H2O2; (4) la proteina sierica contenente rame ceruloplasmina; e (5) la frazione priva di ferro della transferrina sierica. Pertanto, l'influenza dei radicali liberi dell'ossigeno in qualsiasi reazione infiammatoria dipende dall'equilibrio tra produzione e inattivazione di questi metabo-liti da parte di cellule e tessuti.
Anche NO, un gas solubile prodotto dall'arginina grazie all'azione dell'ossido nitrico sintetasi (NOS), partecipa all'uccisione microbica. Ci sono tre diverse forme di NOS: endoteliale (eNOS, neuronale (nNOS) e inducibile (iNOS), eNOS e nNOS sono costitutivamente espresse a bassi livelli e l'NO che producono serve rispettivamente a mantenere il tono vascolare e funzionare come neurotrasmettitore. iNOS, la forma coinvolta nell'eliminazione dei microrganismi, è indotta quando macrofagi e neutrofili sono attivati dalle citochine (per esempio, l'IFN-y) o dai prodotti microbici. Nei macrofagi, NO reagisce con il superossido e genera il radicale libero altamente reattivo perossinitrito. Questi radicali liberi dell'azoto, similmente alle ROS, attaccano e danneggiano i lipidi, le proteine e gli acidi nucleici di microrganismi e cellule ospiti. Le azioni delle specie reattive dell'ossigeno e dell'azoto si sovrappongono, come dimostrato dall'osservazione che topi knockout privi sia dell'ossidasi fagocitica sia dell'iNOS sono suscettibili alle infezioni solo moderatamente, mentre topi privi di entrambi gli enzimi soccombono rapidamente alle infezioni diffuse da parte di batteri commensali normalmente innocui. In aggiunta al suo ruolo di sostanza microbicida, NO rilassa la muscolatura liscia vascolare e promuove la vasodilatazione. Non è chiaro se questa sua funzione giochi un ruolo importante nelle reazioni vascolari dell'infiammazione acuta.
I neutrofili e i monociti contengono
granuli lisosomiali che contribuiscono all'uccisione microbica e, una volta
rilasciati, possono contribuire al danno tissutale. I neutrofili contengono due
principali tipi di granuli. I granuli specifici (o secondari), più piccoli,
contengono lisozima, collagenasi, gelatinasi, lattoferrina, attivatore del
plasminogeno, istaminasi e fosfatasi alcalina. I granuli azzurrofili (o
primari), più grandi, contengono mieloperossidasi, alcuni fattori battericidi
(lisozima, defensine), idrolasi acide e una varietà di proteasi neutre (elastasi,
catepsina G, collagenasi aspecifiche, proteinasi 3). Entrambi i tipi di granuli
possono fondersi con i vacuoli fagocitici che contengono il materiale ingerito,
oppure il contenuto dei granuli può essere rilasciato nello spazio
extracellulare.
I differenti enzimi nei granuli hanno funzioni diverse. All'interno del fagolisosoma, che viene acidificato da pompe protoniche legate alla membrana, le
proteasi acide degradano i batteri e i detriti cellulari. Le proteasi neutre
sono in grado di degradare vari componenti extracellulari, come il collagene, la
membrana basale, la fibrina, l'elastina e la cartilagine, causando la
distruzione dei tessuti associata ai processi infiammatori. Le proteasi neutre
possono anche tagliare direttamente le proteine C3 e C5 del complemento,
producendo anafilotossine, e rilasciare un peptide chinina-simile a partire dal
chininogeno. è stato dimostrato che l'elastasi neutrofila degrada i fattori
virulenti dei batteri e combatte così le infezioni batteriche. Anche i macrofagi
contengono le idrolasi acide, la collagenasi, l'elastasi, la fosfolipasi e
l'attivatore del plasminogeno.
A causa degli effetti distruttivi degli enzimi lisosomiali, l'infil-trazione
leucocitaria iniziale, se incontrollata, può incrementare ulteriormente
l'infiammazione causando il danneggiamento dei tessuti. Le proteasi
potenzialmente nocive, tuttavia, sono normalmente controllate da un sistema di antiproteasi presente nel siero e nei liquidi tissutali. Prima tra queste è l'cti-antitripsina,
principale inibitore dell'elastasi dei neutrofili. Un deficit di questi
inibitori può portare a un'azione prolungata della proteasi dei leucociti, come
nel caso di pazienti con deficit di cti-anti-tripsina (Cap. 15).
L'ct2-macroglobulina è un'altra antiproteasi presente nel siero e in varie
secrezioni.
Nei contenuti di altri granuli microbicidi sono incluse le defensine, peptidi
cationici ricchi di arginina, tossici per i mi-crorganismi; le catelicidine,
proteine antimicrobiche presenti nei neutrofili e in altre cellule; il lisozima,
che idrolizza il legame tra l'acido muramico e l'N-acetilglucosamina, che si
trova nel rivestimento glicopeptidico di tutti i batteri; la lattoferrina, una
proteina che lega il ferro presente in granuli specifici; e la proteina basica
principale, una proteina cationica degli eosinofili che ha un'attività
battericida limitata ma è citotossica per molti parassiti.
Le trappole extracellulari dei neutrofili (NET) sono reti fibrillari
extracellulari che forniscono un'elevata concentrazione di sostanze
antimicrobiche nei siti dell'infezione e prevengono la diffusione dei
microrganismi intrappolandoli nelle fibrille.
Esse sono prodotte dai neutrofili in risposta agli agenti patogeni infettivi
(principalmente batteri e funghi) e ai mediatori dell'in-fiammazione (per
esempio, chemochine, citochine [soprattutto interferoni], proteine del
complemento e ROS). Le trappole ex-tracellulari sono costituite da un reticolo
viscoso di cromatina nucleare che lega e concentra le proteine dei granuli come
i peptidi e gli enzimi antimicrobici. Durante il processo di
formazione delle NET, i nuclei dei neutrofili vengono persi, causando la morte
delle cellule. Le NET sono state anche ritrovate nel sangue durante la sepsi e
si ritiene che la loro formazione nella circolazione dipenda dall'attivazione
piastrinica. è stato ipotizzato che la cromatina nucleare presente nelle NET,
che include gli istoni e il DNA associato, sia una fonte di antigeni nucleari
nelle malattie autoimmuni sistemiche, in particolare nel lupus, in cui gli
individui reagiscono contro il loro stesso DNA e le loro stesse nucleoproteine.
I leucociti sono importanti cause di danno alle cellule e ai tessuti sani in
diversi casi:
Come parte di una normale reazione di difesa contro i microrganismi, quando i
tessuti adiacenti subiscono danni collaterali. In alcune infezioni difficili da
eradicare, come la tubercolosi e alcune malattie virali, la risposta prolungata
dell'ospite contribuisce alla patologia più del microrganismo stesso.
Quando la risposta infiammatoria è impropriamente diretta contro i tessuti
dell'ospite, come in alcune malattie autoimmuni.
Quando l'ospite reagisce eccessivamente contro sostanze ambientali
generalmente innocue, come nelle malattie allergiche, tra cui l'asma.
In tutte queste situazioni, i meccanismi mediante i quali i leucociti
danneggiano i tessuti sani sono gli stessi meccanismi coinvolti nella difesa
antimicrobica, poiché una volta che i leucociti vengono attivati i loro
meccanismi effettori non distinguono tra l'agente causale e l'ospite. Durante
l'attivazione e la fagocitosi, i neutrofili e i macrofagi producono sostanze
microbicide (ROS, NO ed enzimi lisosomiali) all'interno del fagolisosoma. Queste
sostanze vengono rilasciate anche nello spazio extracellulare, dove sono in
grado di danneggiare le cellule sane e l'endotelio vascolare, amplificando così
gli effetti dell'agente nocivo iniziale. Se incontrollata o impropriamente
diretta contro i tessuti dell'ospite, l'infiltrazione leucocitaria diventa essa
stessa agente lesivo; infatti il danno tissutale deri-vante dai leucociti è alla
base di molte malattie umane acute e croniche. Ciò risulta
evidente nella discussione delle patologie specifiche trattate in altri capitoli
di questo libro.
Il contenuto dei granuli lisosomiali viene secreto dai leucociti nell'ambiente
extracellulare mediante diversi meccanismi. La secrezione controllata del
contenuto dei granuli è una risposta normale dei leucociti attivati. Se i
fagociti incontrano materiali che non possono essere facilmente ingeriti, come
gli immunocomplessi depositati su superfici immobili (per esempio, la membrana
basale glomerulare), l'incapacità dei leucociti di circondare e ingerire queste
sostanze (fagocitosi frustrata) innesca una forte attivazione e il rilascio di
grandi quantità di enzimi lisosomiali nell'ambiente extracellulare. Alcune
sostanze fagocitate, come i cristalli di urato, possono danneggiare la membrana
del fagolisosoma e possono anche portare al rilascio del contenuto lisosomiale
dei granuli.
Altre risposte funzionali dei leucociti attivati
Oltre a eliminare i microrganismi e le cellule morte, i leucociti attivati
svolgono diversi altri ruoli nella difesa dell'ospite. è importante sottolineare
che queste cellule, specialmente i macrofagi, producono citochine che possono
sia amplificare sia limitare le reazioni infiammatorie, fattori di crescita che
stimolano la proliferazione delle cellule endoteliali e dei fi-broblasti e la
sintesi del collagene ed enzimi che rimodellano i tessuti connettivi. A causa di
queste attività, i macrofagi sono cellule fondamentali anche nell'infiammazione
cronica e nella rigenerazione dei tessuti che segue all'attenuazione
dell'infiammazione.
In questa trattazione dell'infiammazione acuta viene sotto-lineata l'importanza
dei neutrofili e dei macrofagi. Tuttavia, recentemente è diventato evidente che
anche alcuni linfociti T, che sono cellule dell'immunità adattativa,
contribuiscono all'in-fiammazione acuta. Tra questi, i più importanti sono
quelli che producono la citochina IL-17 (cosiddetti linfociti TH17). IL-17 induce la secrezione di chemochine che richiamano altri leucociti. In assenza di risposte efficaci dei
linfociti TH17, gli individui sono suscettibili a infezioni fungine e batteriche
e gli ascessi cutanei che si formano sono detti "ascessi freddi", in quanto sono
assenti le caratteristiche classiche dell'infiammazione acuta, come il calore e
l'arrossamento.
Un sistema di difesa dell'ospite talmente potente, con la sua capacità
intrinseca di provocare lesioni ai tessuti, ha bisogno di controlli rigorosi per
ridurre al minimo i danni. In parte l'infiammazione diminuisce dopo che gli
agenti causali sono stati rimossi semplicemente perché i mediatori dell'infiammazione
vengono prodotti in rapide ondate solo fino a quando lo stimolo persiste, hanno
una breve emivita e sono degradati dopo il loro rilascio. Anche i neutrofili
hanno un'emivita breve nei tessuti e muoiono per apoptosi entro poche ore dopo
aver abbandonato il circolo sanguigno. Inoltre, man mano che l'infiammazione si
sviluppa, il processo stesso innesca una serie di segnali di arresto che
terminano attivamente la reazione. Questi meccanismi di terminazione attiva
comprendono un cambiamento del tipo di metaboliti dell'acido arachidonico
prodotti, dai leucotrieni proinfiammatori alle lipossine antinfiammatorie
(descritte più avanti), e la liberazione da parte dei macrofagi e di altre
cellule di citochine antinfiammatorie, inclusi il fattore di crescita
trasformante (3 (TGFbeta e 1TL-10. Sono stati dimostrati sperimentalmente anche
altri meccanismi di controllo, tra cui l'arco riflesso colinergico che inibisce
la produzione di TNFa nei macrofagi.
indice