Il processo infiammatorio si caratterizza per i seguenti punti:
I principali protagonisti della reazione infiammatoria tissutale sono i vasi sanguigni e i leucociti. Durante il processo infiammatorio i vasi si dilatano per rallentare il flusso sanguigno e, aumentando la loro permeabilità, permettono a specifiche proteine circolanti di entrare nel sito dell'infezione o del danno tissutale. Anche le caratteristiche dell'endotelio di rivestimento dei vasi sanguigni cambiano, in modo tale che i leucociti prima si arrestano e poi migrano all'interno del tessuto. I leucociti, una volta richiamati, vengono attivati e acquisiscono la capacità di fagocitare e distruggere microrganismi e cellule morte, cosò come corpi estranei e altro materiale indesiderato nel tessuto.
Le reazioni infiammatorie che proteggono dall'infezione sono spesso accompagnate da danno tissutale locale e da segni e sintomi associati (per esempio, dolore e compromissione funzionale). Tipicamente, comunque, queste conseguenze dannose sono autolimitanti e si risolvono con la diminuzione dell'infiammazione, lasciando danni lievi e non permanenti. Al contrario, in molte malattie la reazione infiammatoria è mal indirizzata (per esempio, contro i propri tessuti nelle malattie autoimmuni), oppure avviene contro sostanze ambientali normalmente innocue (per esempio, nelle allergie), o non è adeguatamente controllata. In questi casi, la reazione infiammatoria normalmente protettiva diventa la causa della malattia, e il danno che provoca ne diventa la caratteristica dominante. Nella pratica clinica si pone molta attenzione alle conseguenze negative dell'infiammazione. Le reazioni infiammatorie sono alla base di malattie croniche comuni, come l'artrite reumatoide, l'aterosclerosi e la fibrosi polmonare, cosò come le reazioni d'ipersensibilità, potenzialmente letali, alle punture d'insetto, ai farmaci e alle tossine.
Per questa ragione i farmaci antinfiammatori, che
dovrebbero teoricamente controllare le conseguenze dannose dell'infiammazione
senza però interferire con i suoi effetti benefici, sono tra i presidi
terapeutici più frequentemente usati. Infatti, l'infiammazione può contribuire
a una varietà di malattie, in genere principalmente metaboliche, degenerative o
malattie genetiche, come il diabete di tipo 2, l'Alzheimer e il cancro. Dato
l'ampio spettro di conseguenze negative dell'infiammazione, la stampa
generalista si è riferita a essa piuttosto melodrammaticamente come al "killer
silenzioso".
L'infiammazione puo' essere locale o sistemica, a seconda se la rezione è tissutale, che è una risposta locale a un'infezione o a un danno localizzato, oppure generalizzata, per es. nelle malattie sistemiche autoimmuni. Sebbene anche tali reazioni locali possano avere qualche manifestazione sistemica (per esempio, la febbre nelle faringiti batteriche o virali), la reazione è largamente confinata al sito d'infezione o del danno. In alcuni casi, come nelle infezioni batteriche diffuse, la reazione infiammatoria è sistemica e assume in questo caso il nome di sepsi, una forma della sindrome da risposta infiammatoria sistemica.
Le reazioni vascolari e cellulari dell'infiammazione sono innescate da fattori solubili, prodotti da varie cellule o derivanti da proteine plasmatiche, sintetizzati o attivati in risposta allo stimolo infiammatorio. Microrganismi, cellule necrotiche (qualsiasi sia la causa della morte cellulare) e anche l'ipossia possono scatenare l'azione dei mediatori infiammatori e provocare quindi l'infiammazione. Tali mediatori iniziano e amplificano la risposta infiammatoria e determinano il suo andamento, la sua severità e le sue manifestazioni cliniche e patologiche.
La rapida risposta iniziale alle infezioni e al danno tissutale è chiamata infiammazione acuta. Si sviluppa tipicamente entro minuti o ore ed è di breve durata, da diverse ore a pochi giorni; le sue caratteristiche principali sono l'essudazione di liquidi e proteine plasmatiche (edema) e la migrazione di leucociti, principalmente neutrofili (chiamati anche leucociti polimorfonucleati). Quando l'infiammazione acuta raggiunge l'obiettivo prefissato di eliminare i fattori causali, la reazione diminuisce; se, al contrario, l'agente causale non viene efficacemente eliminato, la reazione può progredire in una fase prolungata, denominata infiammazione cronica. L'infiammazione cronica dura più a lungo ed è associata a una maggiore distruzione dei tessuti, alla presenza di linfociti e macrofagi, alla proliferazione dei vasi sanguigni e alla deposizione di tessuto connettivo. L'infiammazione cronica sarà discussa in seguito in questo capitolo. L'infiammazione acuta è una delle reazioni del tipo di difesa dell'ospite conosciuta come immunità innata, mentre quella cronica è prevalente nelle reazioni di immunità adattativa
L'infiammazione termina quando l'agente causale è stato eliminato. La reazione si arresta perché i mediatori vengono catabolizzati e i leucociti reclutati durante la risposta infiammatoria hanno di norma una durata di vita breve nei tessuti. In più, vengono attivati meccanismi antinfiammatori che servono a controllare la risposta e a evitare che essa causi un danno eccessivo all'ospite. Una volta che l'infiammazione ha raggiunto il suo obiettivo di eliminare gli agenti causali, mette in moto anche il processo di riparazione tissutale. La riparazione consiste in una serie di eventi che guariscono il tessuto danneggiato. In questo processo il tessuto leso è sostituito attraverso la rigenerazione delle cellule sopravvissute e il riempimento dei difetti residuali con tessuto connettivo (cicatrizzazione).
Sebbene le caratteristiche cliniche dell'infiammazione fossero già descritte in
un papiro egizio datato intorno al 3000 a.C, fu Celso, scrittore romano del I
secolo d.C, a elencare per prime le quattro principali manifestazioni
dell'infiammazione: rubor (rossore), tumor (gonfiore), calor (calore) e
dolor (dolore). Questi segni sono le caratteristiche distintive dell'infiammazione
acuta. Un quinto segno clinico, la loss-of-function (functio laesa), è stato
aggiunto da Rudolf Virchow nel XIX secolo. Nel 1793, il chirurgo scozzese John
Hunter notò quello che è ormai considerato un fatto ovvio: l'infiammazione non è
una malattia, ma una risposta stereotipata che ha un effetto salutare sul suo
ospite. Nel 1880, il biologo russo Elie Metchnikoff scoprò il processo di
fagocitosi osservando l'ingestione di spine di rosa da parte di amebociti di
larve di stella marina e di batteri da parte di leucociti di mammifero. Egli
concluse che lo scopo dell'infiammazione era quello di portare i fagociti nella
zona lesa per divorare i batteri invasori. Questa deduzione fu oggetto di
satira da parte di George Bernard Shaw nella sua commedia "Il dilemma del
dottore", in cui la cura universale proposta da un medico è quella di "stimolare
i fagociti"!. Sir Thomas Lewis, studiando la risposta infiammatoria nella cute,
stabilò il concetto che le sostanze chimiche come l'istamina (prodotta
localmente in risposta al danno) mediano i cambiamenti vascolari
dell'infiammazione. Questo concetto fondamentale è alla base delle importanti
scoperte dei mediatori chimici dell'infiammazione e dell'uso di farmaci
antinfiammatori nella pratica clinica.
Le reazioni infiammatorie possono essere innescate da una varietà di stimoli:
Le infezioni (batteriche, virali, micotiche, parassitarie) e le tossine
microbiche sono tra le cause più comuni e clinicamente importanti
dell'infiammazione. Agenti patogeni infettivi diversi inducono varie risposte
infiammatorie, dall'infiammazione acuta lieve, che provoca un danno minimo e
non duraturo ed elimina con successo l'infezione, alle reazioni sistemiche
gravi, che possono essere fatali, alle reazioni croniche prolungate, che
provocano un esteso danno tissutale. I risultati sono determinati in gran parte
dal tipo di agente patogeno e, in qualche modo, da caratteristiche dell'ospite
che rimangono scarsamente definite.
La necrosi tissutale provoca infiammazione indipendentemente dalla causa di
morte delle cellule, che può includere l'ischemia (il ridotto apporto di sangue,
causa dell'infarto miocardico), traumi e lesioni fisiche e chimiche (per
esempio, lesioni termiche come ustioni o congelamento; irradiazione;
esposizione ad alcune sostanze chimiche ambientali). Diverse molecole rilasciate
dalle cellule necrotiche sono in grado di innescare l'infiammazione; alcune di
esse saranno descritte in seguito.
I corpi estranei (schegge, polvere, suture) possono provocare l'infiammazione
da soli o in quanto causano un danno tissutale traumatico o trasportano
microrganismi. Anche alcune sostanze endogene possono essere considerate
potenzialmente dannose se si depositano in grande quantità nei tessuti; tra
queste vi sono i cristalli di urato (nella gotta), i cristalli di colesterolo
(nell'aterosclerosi) e i lipidi (nella sindrome metabolica associata
all'obesità).
Le reazioni immunitarie (chiamate anche reazioni di ipersensibilità) sono
reazioni in cui il sistema immunitario, normal-mente protettivo, danneggia i
tessuti dell'individuo stesso. Le risposte immunitarie dannose possono essere
dirette contro antigeni self, provocando cosò le malattie autoimmuni,
0 possono essere reazioni inopportune contro sostanze am-bientali, come nelle
allergie, o contro i microrganismi. L'infiammazione è una delle cause principali
di danno tissutale in queste malattie ed è indotta da citochine prodotte dai
linfociti Te da altre cellule del sistema immunitario. Poiché in questi casi gli
stimoli per le risposte infiammatorie (per esem-pio, antigeni self e ambientali)
non possono essere eliminati, le reazioni autoimmuni e allergiche tendono a
essere persistenti e difficili da curare, sono spesso associate a infiammazione
cronica e sono importanti cause di morbilità e mortalità.
Il riconoscimento degli agenti causali è il primo passo in tutte le reazioni infiammatorie. Le cellule e i recettori che svolgono questa funzione di riconoscimento dei patogeni "invasori" si sono evoluti come risultato dell'adattamento degli organismi multicellulari alla presenza dei microrganismi nell'ambiente e le risposte che essi innescano sono critiche per la sopravvivenza degli organismi stessi. Diversi recettori cellulari e proteine circolanti sono in grado di riconoscere i microrganismi e i prodotti del danno cellulare e di innescare l'infiammazione.
Le cellule esprimono recettori sulla
membrana plasmatica (per i microrganismi extracellulari), negli endosomi (per i
microrganismi ingeriti) e nel citosol (per i microrganismi intracellulari) che
permettono alle cellule di rilevare la presenza degli "invasori"
estranei in
qualsiasi compartimento cellulare. Tra questi, i recettori più studiati
appartengono alla famiglia dei recettori Toll-like (TLR); i recettori
sono espressi su molti tipi cellulari, comprese le cellule epiteliali
(attraverso cui i microrganismi entrano dall'ambiente esterno), le cellule
dendritiche, i macrofagi e altri leucociti (che possono incontrare i
microrganismi in vari tessuti). Il legame a questi recettori innesca la
produzione di molecole coinvolte nell'infiammazione, incluse le molecole di
adesione sulle cellule endoteliali, le citochine e altri mediatori.
Tutte le cellule hanno recettori citosolici che
riconoscono varie molecole liberate o modificate in conseguenza al danno
cellulare. Queste includono l'acido urico (un prodotto del metabolismo dei
componenti del DNA), l'ATP (rilasciato dai mitocondri danneggiati),
concentrazioni intracellulari di K+ ridotte (che riflettono la perdita di ioni
causata da danni alla membrana plasmatica), persino il DNA, se presente nel
citoplasma e non sequestrato nei nuclei come dovrebbe essere normalmente, e
molte altre molecole.
I recettori attivano un complesso citosolico multiproteico chiamato inflammasoma,
che induce la produzione della citochina interleuchina-1 (IL-1). IL-1 recluta i
leucociti inducendo cosò l'infiammazione (si veda oltre). Mutazioni gain-of-function di questi recettori sono la causa di malattie rare conosciute
come sindromi autoinfiammatorie, caratterizzate da infiammazione spontanea; gli
antagonisti di IL-1 sono trattamenti efficaci per queste patologie. L'inflammasoma
è anche coinvolto nelle reazioni infiammatorie contro i cristalli di urato (la
causa della gotta), i lipidi (nella sindrome metabolica), i cristalli di
colesterolo (nell'aterosclerosi) e anche contro i depositi di amiloide nel
cervello (nell'Alzheimer).
Oltre a riconoscere direttamente i microrganismi, molti leucociti esprimono recettori per le porzioni Fc degli anticorpi e per le proteine del complemento. Questi recettori riconoscono i microrganismi rivestiti da anticorpi e dal complemento (il processo di rivestimento è chiamato opsonizzazione), che ne promuovono l'ingestione e la distruzione e inducono l'infiammazione.
Il sistema del complemento reagisce contro i microrganismi e produce i mediatori
dell'infiammazione (si veda oltre). Una proteina circolante chiamata lectina
legante il mannosio riconosce gli zuccheri microbici e promuove l'ingestione dei
microrganismi e l'attivazione del sistema del complemento. Anche altre proteine,
chiamate collectine, legano e combattono i microrganismi.
circolazione verso il sito di infezione o lesione. La fuoriuscita di liquido,
proteine e cellule del sangue dal sistema vascolare nel tessuto interstiziale o
nelle cavità del corpo è nota come essudazione. Un essudato è un
fluido extravascolare che ha un'alta concentrazione proteica e contiene detriti
cellulari. La sua presenza implica un aumento della permeabilità dei capillari
sanguigni innescato da qualche tipo di danno tissutale e da una reazione
infiammatoria in atto. Al contrario, un trasudato è un fluido a basso contenuto
di proteine (la maggior parte delle quali è albumina), con poco o nessun
materiale cellulare e basso peso specifico. Si tratta essenzialmente di un ultrafiltrato del plasma sanguigno che viene prodotto come risultato di uno
squilibrio osmotico o idrostatico attraverso la parete del vaso senza un aumento
della permeabilità vascolare (Cap. 4). Il termine edema indica un eccesso di
liquido nel tessuto interstiziale o nelle cavità sierose; può essere sia un
essudato sia un trasudato. Il pus, un essudato purulento, è un essudato
infiammatorio ricco di leucociti (soprattutto neutrofili), detriti di cellule
morte e, in molti casi, microrganismi.
Variazioni del flusso e del calibro vascolare
I cambiamenti nel flusso e nel calibro vascolare hanno inizio sin dalle prime
fasi successive al danno e consistono negli eventi descritti di seguito.
La vasodilatazione è indotta dall'azione di vari mediatori, in particolare
dell'istamina, sulla muscolatura liscia vascolare. è una delle prime
manifestazioni dell'infiammazione acuta. La vasodilatazione coinvolge in primo
luogo le arte-riole e porta all'apertura di nuovi letti capillari nella zona. Il
risultato è un aumento del flusso sanguigno, che è la causa di calore e
arrossamento (eritema) nel sito dell'infiammazione.
La vasodilatazione è seguita rapidamente da un aumento della permeabilità del
microcircolo, con l'effusione di un fluido ricco di proteine nei tessuti
extravascolari; questo processo sarà descritto in dettaglio di seguito.
La perdita di liquidi e l'aumento del diametro dei vasi portano al
rallentamento del flusso sanguigno, alla concentrazione dei globuli rossi nei
vasi capillari e all'aumento della viscosità del sangue. Questi cambiamenti
determinano una congestione dei piccoli vasi, con i globuli rossi che si
muovono lentamente, una condizione nota come stasi, che si manifesta come
congestione vascolare e arrossamento localizzato del tessuto coinvolto.
Quando si sviluppa la stasi, i leucociti del sangue, princi-palmente
neutrofili, si accumulano lungo l'endotelio vascolare. Contemporaneamente le
cellule endoteliali vengono attivate dai mediatori prodotti nelle sedi
dell'infezione e del danno tissutale ed esprimono livelli più alti di molecole
di adesione. I leucociti quindi aderiscono all'endotelio e poco dopo migrano
attraverso la parete vascolare nel tessuto interstiziale, in una sequenza che
sarà descritta in seguito.
Aumento della permeabilità vascolare
Diversi meccanismi sono responsabili della maggiore permeabilità delle venule postcapillari, un segno distintivo dell'infiammazione acuta:
La contrazione delle cellule endoteliali, con conseguente aumento degli spazi
interendoteliali, è il meccanismo più comune di aumento della permeabilità
vascolare. è indotta da istamina, bradichinina, leucotrieni e altri mediatori
chimici. Viene anche chiamata risposta transitoria immediata perché avviene
rapidamente dopo l'esposizione al mediatore ed è solitamente di breve durata (da
15 a 30 minuti). In alcune forme di lesione lieve (per esempio, dopo ustioni,
esposizione a raggi X o a radiazioni ultraviolette, oppure ad alcune tossine
batteriche), la permeabilità vascolare inizia con un ritardo di 2-12 ore e
dura per diverse ore o anche per giorni; questa permeabilità ritardata
prolungata può essere causata dalla con-trazione delle cellule endoteliali o da
un danno endoteliale lieve. Le scottature che appaiono in ritardo sono un buon
esempio di questo tipo di permeabilità.
Il danno endoteliale, con conseguente necrosi e distacco delle cellule
endoteliali. Il danno diretto dell'endotelio si osserva nelle lesioni gravi, per
esempio nelle ustioni, o è indotto dalle azioni di microrganismi e tossine
microbiche che colpiscono le cellule endoteliali. Anche i neutrofili che
aderiscono all'endotelio durante l'infiammazione possono danneggiare le cellule
endoteliali e amplificare cosò la lesione. Nella maggior parte dei casi la
permeabilità inizia immediatamente dopo il danno e continua per diverse ore,
fino a quando i vasi danneggiati vengono trombizzati o riparati.
L'aumento del trasporto di liquidi e proteine, chiamato trans-citosi,
attraverso la cellula endoteliale. Questo processo può coinvolgere canali
intracellulari che possono essere stimolati da alcuni fattori, come il fattore
di crescita endoteliale vascolare (VEGF), che promuovono la permeabilità
vascolare. Tuttavia, il contributo di questo processo alla permeabilità vascolare dell'infiammazione acuta non è stato ancora accertato.
Sebbene i diversi meccanismi di aumento della permeabilità vascolare siano
descritti separatamente, tutti probabilmente contribuiscono in varia misura alla
risposta alla maggior parte degli stimoli. Per esempio, durante le varie fasi di
un'ustione termica, la permeabilità è causata sia dalla contrazione endoteliale
indotta da mediatori chimici, sia dal danno endoteliale diretto e dipendente dai
leucociti. La permeabilità vascolare provocata da questi meccanismi può causare
una perdita di liquidi potenzialmente fatale nei pazienti gravemente ustionati.