Le alterazioni morfologiche in cellule e tessuti sottoposti a lesioni sono le
seguenti:
■ Danno cellulare reversibile: rigonfiamento cellulare, steatosi,
comparsa di estroflessioni sulla membrana plasmatica e perdita di microvilli,
rigonfiamento mitocondriale, dilatazione del RE, eosinofilia (dovuta a un
incremento dell'RNA citoplasmatico).
■ Necrosi: incremento dell'eosinofilia; frammentazione e dissoluzione
del nucleo; alterazione della membrana plasmatica e delle membrane degli
organelli; abbondanti figure mieliniche; fuoriuscita e digestione enzimatica del
contenuto delle cellule.
■ Pattern di necrosi tissutale: in condizioni differenti, la necrosi può
assumere pattern specifici: coagulativo, liquefattivo, gangrenoso, caseoso,
grasso e fibrinoide.
Le cellule dell'organismo possono andare in contro ad un processo distruttivo che, tecnicamente, si definisce "necrosi", cioè morte, e che deriva da una serie di noxae che determinano danneggiamento delle stesse cellule, o per fatti biochimici di alterazione dei metabolismi, o per stress ossidativo, per azione lesiva operata da agenti chimici, fisici ed infettivi.
Le cellule necrotiche presentano aumento di eosinofilia alla colorazione ematossilina eosina, attribuibile in parte alla perdita di RNA citoplasmatico (che si lega al colore blu, ematossilina) e in parte alle proteine citoplasmatiche denaturate (che si legano al colore rosso, eosina).
La cellula necrotica può avere un aspetto più omogeneo e vitreo rispetto alle cellule normali, soprattutto a causa della perdita di particelle di glicogeno. Quando gli enzimi hanno digerito gli organelli citoplasmatici, il citoplasma diventa vacuolizzato e si presenta "tarmato". Le cellule morte possono essere sostituite da ampie masse di fosfolipidi a spire dette figure mieliniche provenienti dalle membrane cellulari danneggiate.
Questi precipitati di fosfolipidi sono poi fagocitati da altre cellule o ulteriormente degradati ad acidi grassi; la calcificazione di tali residui di acido grasso produce saponi di calcio. Quindi, le cellule morte alla fine possono essere calcificate.
All'osservazione al microscopio elettronico, le cellule necrotiche mostrano discontinuità nella membrana plasmatica e in quella degli organelli, e sono caratterizzate da una spiccata dilatazione dei mitocondri, che assumono l'aspetto di ampie aree dense e amorfe, da figure mielini-che intracitoplasmatiche, da detriti amorfi e da aggregati di materiale soffice costituito, probabilmente, da proteine denaturate. Le alterazioni del nucleo sono caratterizzate dalla presenza di tre pattern specifici conseguenti alla degradazione non specifica del DNA.
La
basofilia della cromatina può attenuarsi (cariolisi): tale cambiamento
rispecchia presumibilmente la perdita di DNA a causa della degradazione
enzimatica mediata dalle endonucleasi. Una seconda modificazione (osservabile
anche nella morte cellulare per apoptosi) è la picnosi, caratterizzata da ua
condensazione nucleare e da un aumento della basofilia. In questo caso, la
cromatina si condensa in una massa basofila solida e raggrinzita. Nell'ultima
modificazione, la cariorressi, il nucleo picnotico subisce una frammentazione.
Con il passare del tempo (un giorno o due), il nucleo scompare completamente
dalla cellula necrotica.
Gli studi sulla necrosi si sono concentrati principalmente sulle modificazioni delle singole cellule. Quando muoiono grandi quantità di cellule, il tessuto o l'organo viene definito necrotico; pertanto, un infarto del miocardio è la necrosi di una parte del cuore provocata dalla morte di molte cellule miocardiche.
La necrosi dei tessuti presenta vari pattern morfologicamente
distinti, che è importante riconoscere poiché possono fornire indizi sulla causa
soggiacente. Sebbene i termini che descrivono tali modelli siano piuttosto
antiquati, sono ancora molto utilizzati e le loro implicazioni sono comprese da
anatomopatologi e clinici.
E' una forma di necrosi in cui l'architettura dei tessuti
morti viene preservata almeno per qualche giorno. I tessuti
interessati presentano una consistenza compatta. è probabile che il danno induca
denaturazione non solo delle proteine strutturali, ma anche di quelle di natura
enzimatica, bloccando il processo della proteolisi delle cellule morte; di
conseguenza, le cellule eosinofile e anucleate possono resistere giorni o intere
settimane. Le cellule necrotiche, alla fine, sono rimosse mediante fagocitosi
dei detriti cellulari a opera dei leucociti richiamati dal circolo sanguigno e
mediante digestione delle cellule morte per l'azione degli enzimi lisosomiali
leucocitari. L'ischemia provocata da ostruzione di un vaso sanguigno può
condurre alla necrosi coagulativa del relativo tessuto in tutti gli organi,
eccetto che nel cervello. Un'area circoscritta di necrosi coagulativa viene
definita infarto.
A differenza della necrosi coagulativa, è caratterizzata dalla digestione delle cellule morte, che determina la trasformazione del tessuto in una massa liquida viscosa. Si osserva a seguito di infezioni focali batteriche o, saltuariamente, fungine, poiché questi microrganismi stimolano l'infiltrazione dei leucociti e la liberazione di enzimi da tali cellule. Il materiale necrotico spesso è di colore giallo crema per la presenza di leucociti morti ed è chiamato pus. Per ragioni sconosciute, la morte ipossica di cellule all'interno del sistema nervoso centrale è spesso contraddistinta da necrosi colliquativa.
non costituisce un modello specifico di morte cellulare, ma il termine si utilizza normalmente nella pratica clinica. Di solito è applicato agli arti, in genere la parte inferiore delle gambe, che hanno perduto flusso sanguigno e hanno subito una necrosi (solitamente la necrosi coagulativa) che coinvolge molteplici livelli tissutali. Quando si sovrappone un'infezione batterica si ha più necrosi colliquativa per l'intervento degli enzimi di degradazione sui batteri e dei leucociti attirati nell'area (che dà luogo alla cosiddetta gangrena umida). La necrosi caseosa si trova più spesso nei focolai di infezione tubercolare. Il termine "caseosa" ("simile al formaggio") deriva dall'aspetto bianco e friabile dell'area necrotica. All'esame microscopico, l'area necrotica appare come una serie non strutturata di cellule frammentate o sottoposte a lisi e di detriti amorfi all'interno di un caratteristico margine infiammatorio; tale aspetto è tipico del focolaio d'infiammazione conosciuto come granuloma.
E' un termine ben radicato nel gergo medico, anche se in realtà non indica un modello specifico di necrosi. Si riferisce piuttosto ad aree focali di distruzione lipidica, di norma a causa della liberazione di lipasi pancreatiche attive nel pancreas e nella cavità peritoneale.
Ciò si verifica in occasione di una grave emergenza addominale nota come pancreatite acuta. Tale disfunzione, gli enzimi pancreatici fuoriescono dalle cellule acinose e liquefanno le membrane delle cellule grasse presenti nel peritoneo. Le lipasi liberate scindono gli esteri dei trigliceridi contenuti nelle cellule grasse. Gli acidi grassi, così ottenuti, si combinano con il calcio per produrre aree di color bianco gesso ben visibili (saponificazione del grasso), che consentono al chirurgo e al patologo di identificare le lesioni. All'esame istologico la necrosi prende la forma di un focolaio di adipociti necrotici dai contorni scuri, con depositi basofili di calcio, circondati da una reazione infiammatoria.
La necrosi fibrinoide è una particolare forma di necrosi che si
osserva di norma nelle reazioni immunologiche che interessano i vasi sanguigni.
Questo modello di necrosi si verifica solitamente quando complessi di antigeni e
anticorpi si depositano lungo le pareti delle arterie. I depositi di questi
"immunocomplessi", insieme alla fibrina fuoriuscita dai vasi sanguigni, formano
una sostanza amorfa di color rosa chiaro con macchie ematossilina eosina,
chiamata "fibrinoide" (simile a fibrina) dai patologi. Le sindromi vasculitiche
di origine immunologica rientrano in questo tipo di necrosi . Nel paziente in
vita, infine, la maggior parte delle cellule necrotiche e del loro contenuto
scompare per la digestione en-zimatica e la fagocitosi dei detriti a opera dei
leucociti. Qualora le cellule necrotiche e i detriti cellulari non fossero
immediatamente distrutti e riassorbiti, formerebbero un deposito in cui si
concentrano sali di calcio e altri minerali, tendendo quindi a calcificare. Tale
fenomeno e' indicato come calcificazione distrofica.
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