Normalmente pensando al bruciore retrosternale il medico pone diagnosi clinica di esofagite e prescrive, in genere, una cura per l'esofagite peptica.
Il paziente con esofagite non sempre risponde però alle classiche cure: antiacidi, inibitori di pompa protonica, farmaci procinetici e norme igieniche.
Spesso le esofagiti se non dipendono dal reflusso di materiale acido nello stomaco riconoscono varie cause: infettive, da caustici, traumatiche, da farmaci, eosinofile, da radio-chemioterapia, da associazione con malattie sistemiche. Esse occupano un posto clinicamente rilevante nell'ambito delle patologie esofagee di natura non peptica.
Esofagite infettiva: Micotica Virale, Herpes simplex, Citomegalovirus, varicella-zoster, Epstein Barr, virus dell'immunodeficienza umana, Papilloma virus, Batterica Candida, aspergillo, istoplasma, criptococco Staphylococcus aureus, Staphylococcus epidermidis, Streptococcus viridans
Esofagite da caustici: Acidi Basi, Agenti ossidanti. Acido cloridrico (solventi, disincrostanti), solforico (acqua per batteria), nitrico, ossalico, acetico e antiruggine, Soda caustica (sturascarichi, detergenti per forni), ammoniaca, carbonato di potassio Candeggina, acqua ossigenata, tintura di iodio e permanganato
Esofagite da farmaci: Antinfiammatori non steroidei, Antibiotici, Acido acetilsalicilico, naprossene, ibuprofene Tetraciclina, doxiciclina, clindamicina, zalcitabina, zidovudina, nelfinavir, Bifosfonati, Alendronato, pamidronato, etidronato
Esofagite da agenti traumatici: Sondino naso-gastrico
Esofagite da chemioterapici: Bleomicina, citarabina, dactinomicina, daunorubicina, 5-fluorouracile, metotrexato, vincristina
Esofagite da pillola: Chinidina, solfato ferroso, teofillina, contraccettivi orali, acido ascorbico, multivitaminici
Esofagite associata a patologie sistemiche: Malattia di Behcet, Epidermolisi bollosa, pemfigo, Lichen planus
Esofagite da radiazioni
Esofagite in corso di Crohn
Esofagite eosinofila
Le infezioni, quale causa di esofagite, colpiscono generalmente soggetti con alterata risposta immunitaria. Nelle esofagiti infettive i fattori di rischio principali sono la sindrome da immunodeficienza acquisita, trattamenti radio- 0 chemioterapici, patologie a carico del sistema imunitario ed assunzione di farmaci che sopprimono le difese immunitarie.
Nel cavo orale sono normalmente presenti molte specie commensali di Candida che diventano patogene e possono causare esofagite nei soggetti immunodepressi, in seguito a terapia antibiotica a largo spettro o lesioni esofagee da caustici. In rari casi, sempre a seguito di grave deficit immunitario, altri miceti (aspergillo, istoplasma, criptococco) acquisiti dall'ambiente o da strutture contigue all'esofago (polmone, mediastino) possono essere causa di esofagite. I principali fattori di difesa dell'ospite contro l'infezione sino rappresentati da salivazione, motilità, eventuale di reflusso acido, integrità dell'epitelio e normale equilibrio competitivo tra flora batterica e patogena.
I pazienti possono essere asintomatici o riferire disfagia od odinofagia. Possono associarsi, ma non è la regola, candidiasi del cavo orale o altra evidenza di candidiasi muco-cutanea. In alcuni casi il danno mucosale può penetrare oltre lo strato epiteliale determinando ulcerazioni della mucosa con sanguinamento esofageo, perforazione, stenosi o diffusione sistemica. L'esame endoscopico mostra la presenza di piccole placche rilevate, bianco-giallastre, con eritema circostante.
Nei casi
più gravi si osservano placche confluenti lineari o nodulari. Per la diagnosi
può essere necessario l'esame istologico delle lesioni esofagee e la
dimostrazione di lieviti o di ife nello spazzolato delle placche o dell'essudato
colorato con metodo di Gram, acido periodico di Schiff o impregnazione argentica.
La candidiasi esofagea risponde a diversi farmaci antimicotici. Nei casi
sostenuti da grave immunodeficienza sono impiegati in prima istanza il ketoconazolo (200-300 mg/die) e il
fluconazolo (100-400 mg/ die) per os per
14-21 giorni.
Le esofagiti virali di più frequente riscontro sono quelle causate da virus Herpes simplex (HSV), Citomegalovirus (CMV), virus della varicella-zoster (VZV) e da virus da immunodeficienza (HIV). La sintomatologia è in genere caratterizzata da dolore toracico acuto, odinofagia e disfagia. Nei casi gravi si possono manifestare emorragia e coinvolgimento sistemico caratterizzato da nausea, vomito e febbre. In caso di esofagite da HSV o da VZV si associano tipiche lesioni orali o genitali (HSV) o cutanee (VZV).
Sul piano endoscopico
sono visibili vescicole e piccole ulcere superficiali a bordi rilevati (HSV).
vescicole ed ulcere confluenti (VZV), ulcere serpiginose che possono estendersi
per 10-15 cm (CMV), piccole lesioni multiple aftoidi e, succes-sivamente, ulcere
giganti, profonde, che possono complicarsi con formazione di fistole,
perforazione, emorragia, superinfezione o formazione di stenosi (HIV). La
terapia si basa sull'utilizzo di aciclovir per os (200-400 mg x 5/die) o per via
endovenosa (5 mg/kg x 3/die) (HSV e VZV), gan-foscarnet (60 mg/kg x 3/die endovena per 15-21 giorni) (CMV). Per quanto
riguarda le lesioni da HIV, oltre il 90% dei pazienti risponde a prednisone (40
mg/die per 2 settimane, poi a dosaggio ridotto per più di un mese).
Le infezioni batteriche dell'esofago sono spesso non riconosciute. I fattori di rischio più significativi sono la granulocitopenia e l'uso di farmaci acido-soppressori, inibitori della pompa protonica in particolare. I sintomi di esofagite batterica sono disfagia e dolore retrosternale, raramente febbre. L'esame endoscopico rivela friabilità della mucosa, placche, pseudomembrane e ulcerazioni.
Le colture batteriche di campioni di biopsia endoscopica sono
raramente eseguite a causa della scarsa frequenza di esofagite batterica
invasiva. Quando le colture vengono eseguite, in genere confermano
l'infezione, spesso polimicrobica, con gli organismi che si trovano nella
normale flora del cavo orale e del tratto respiratorio superiore, come
Staphylococcus aureus, Staphylococcus epidermidis e Streptococcus viridans.
L'esofagite eosinofila è una patologia infiammatoria cronica dell'esofago che ha avuto un notevole incremento di incidenza nell'ultimo decennio, parallelamente all'aumento di allergie ed asma, soprattutto in età pediatrica. La patogenesi coinvolge fattori genetici e ambientali e il fattore di rischio principale è rappresentato dalla familiarità. L'esofagite eosinofila può essere divisa in una forma allergica e una idiopatica. In un sottogruppo di pazienti con esofagite eosi-nofila allergica, reazioni IgE-mediate indotte da alimenti sono state implicate nella patogenesi di questo disturbo. I sintomi dell'esofagite eosinofila variano con la età. Nell'infante predomina il ritardo della crescita e il rifiuto a deglutire. Nei tamburi è presente rigurgito, vomito e dolore. Nell'adolescente prevale disfagia e pirosi retro-sternale.
Nell'adulto predomina il quadro della disfagia intermittente e dell'arresto del bolo alimentare in esofago, anche se alterazioni motorie esofagee specifiche sono presenti in percentuale inferiore al 50% e buona parte dei pazienti premuta una motilità normale alla manometria ad alta risoluzione. L'esofagite eosinofila si differenzia dall'esofagite da reflusso per la mancata risposta clinica alla terapia anti-reflusso, per la persistenza dell'eosinofilia esofagea dopo terapia con farmaci neutralizzanti l'acidità e per la negatività della pH-metria esofagea. Eosinofilia periferica è riscontrata nel 50% dei pazienti. La patologia è caratterizzata da infiltrazione delle pareti esofagee (e spesso anche gastriche o intestinali) con eosinofili, in assenza di vasculite. L'infiltrato eosinofilo può coinvolgere la mucosa, lo strato muscolare o la sierosa (o più di uno strato). L'invasione eosinofila dello strato muscolare porta ad ispessimento e rigidità della parete esofagea. Macroscopicamente all'esame endoscopico sono inabili solchi lineari, anelli concentrici, esofago a carta crespa, essudati biancastri. Poiché 1 infiltrato esofageo di tipo eosinofilo riconosce anche altre cause esofagee (malattia da reflusso) ed extraesofagee (malattie infiammatorie croniche intestinali, malattia celiaca, parassitosi intestinali, sclerodermia e in generale immunodepressione), la diagnosi di esofagite eosinofila si basa sulla dimostrazione di una caratteristica infiltrazione intraepiteliale di almeno 15 eosinofili per campo ottico su campioni multipli di mucosa prelevati in corso di esame endoscopico. Altri elementi tipici riscontrabili all'esame istologico sono una localizzazione preferenziale iuxtaluminale dell'infiltrato eosinofilo, papille allungate, degranulazione degli eosinofili, ascessi eosinofili e un'iperplasia prominente dello strato basale. L'approccio terapeutico è duplice e prevede la somministrazione di diete elementari oligoantigeniche oltre all'assunzione di corticosteroidi per via sistemica e/o locale (budesonide o fluticasone). Non è al momento stata identificata ima terapia di mantenimento efficace. Negli ultimi tempi il quadro diagnostico-terapeutico è diventato più intricato per l'individuazione di un sottogruppo di pazienti con eosinofilia che risponde clinicamente agli antisecretori (esofagite eosinofila responsiva agli inibitori di pompa protonica) e che al momento sembra un'entità esattamente a metà tra le due patologie.
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L'ingestione di caustici (acidi o alcali forti) è un evento frequente; infatti,
in Italia vengono denunciati circa 15.000 casi ogni anno. Nel 90% dei casi si
tratta di ingestione volontaria, a scopo suicida, e quindi di grandi quantità di
sostanze caustiche (l'ingestione accidentale comporta l'assunzione di quantità
generalmente minori)
La severità e la distribuzione delle lesioni prodotte dipendono da tre fattori:
1. tipo di sostanza ingerita (alcali più lesivi degli acidi);
2. quantità e concentrazione della sostanza;
3. tempo di contatto con la mucosa.
Dal punto di vista clinico, le lesioni meno gravi sono spesso paucisintomatiche
e i segni clinici sono rappresentati solo da epigastralgia. Le forme severe sono
caratterizzate da dolore immediato e intenso, retrosternale ed epigastrico,
stato di agitazione, shock, dispnea (per edema della glottide o polmonite ab
ingestis), peritonismo. I segni biologici di gravità sono costituiti
dall'acidosi o alcalosi metabolica, leucocitosi e coagulazione intravascolare
disseminata. L'esame endoscopico non dovrebbe essere praticato nelle prime
quattro settimane, a causa della estrema fragilità della parete esofagea. La
terapia alla presentazione è di tipo conservativo, basato su analgesia e
supporto nutrizionale. Superata la fase acuta, è opportuna l'esecuzione di un
esame radiologico con bario o endoscopico per la visualizzazione di eventuali
tratti stenotici da trattare con dilatazione endoscopica, spesso difficile in
quanto le stenosi sono frequentemente lunghe, tortuose e facilmente perforabili.
è una complicanza frequente in pazienti con tumori toracici sottoposti a terapia
radiante. La frequenza e la gravità sono proporzionali alla quantità di raggi ed
aumentate da farmaci radio-sensibilizzanti quali doxorubicina, bleomicina,
ciclofosfamide, cisplatino.
La sintomatologia è caratterizzata da disfagia ed odinofagia per settimane o mesi dopo la sospensione della terapia.
All'esame endoscopico si visualizza mucosa friabile, eritematosa ed edematosa
con erosioni superficiali che possono confluire in grandi ulcere.
Sul piano anatomopatologico le radiazioni causano fibrosi della sottomucosa,
degenerazione di vasi, muscolatura e neuroni mienterici, con possibile stenosi.
La terapia si basa sull'uso di lidocaina in formulazione viscosa per alleviare
il dolore in fase acuta. L'indometacina può ridurre il danno da radiazioni. In
caso di stenosi è necessaria dilatazione pneumatica.
L'esofagite non da reflusso può essere associata a numerose patologie
sistemiche. Tra queste, alcune sono a prevalente interessamento cutaneo, come
l'epidermolisi bollosa, il pemfigo e il Lichen planus, con manifestazioni
esofagee che spesso mimano quelle cutanee.
In corso di malattia di Behcet, l'esofago è stimato essere coinvolto nel 2-11%
dei casi, con formazione di ulcere ovali simili alle lesioni della bocca, ulcere
profonde o fistole con gli organi adiacenti, stenosi del lume, pseudomembrane e
varici esofagee che possono essere associate ad un'ostruzione della vena cava
superiore o a trombosi della vena porta.
La localizzazione esofagea della malattia di Crohn è possibile in una
percentuale che varia dallo 0,2 all' 11,2% nella popolazione adulta, ma arriva
fino al 43% nella popolazione pediatrica. Il trattamento rispecchia quello della
patologia sistemica.